Scomparso il sindacalista Eliseo Ferrari
Fu protagonista delle battaglie Fiom per 40 anni. Visse di persona l’eccidio delle Fonderie nel ’50. Al lavoro a nove anni
Se n’è andato domenica sera a 89 anni Eliseo Ferrari, uno degli ultimi protagonisti dell’eccidio delle Fonderie il 9 gennaio 1950 e memoria storica della Cgil per settant’anni.
La sua biografia umana e personale, com’è accaduto a tanti della sua generazione, coincidono sino a diventare una sola vita. Molto prima del lo slogan degli anni ’70, “Il privato e politico”, per lui la militanza è diventata l’esperienza che ha compreso famiglia e lavoro ed esperienza di vita. Nato a Modena a poca distanza dalla Crocetta nel 1925, terzo di dodici figli, lascia a nove anni la scuola e anzichè prendere la licenza elementare - un lusso per molti suoi coetanei - va in campagna a lavorare. Prima garzone da un lattaio, poi spazzino e mondariso. Le sue lirette servono a far quadrare il magro bilancio familiare ma la guerra lo sorprende nel 1939 quando ha solo quattordici anni. Le sue idee sono già abbozzate, con l’educazione ricevuta in casa e sul lavoro: così nel 1943, dopo l’armistizio dell’Italia siglato da Badoglio per conto di Vittorio Emanuele III, appena si formano le prime formazioni partigiane Ferrari prende la tracolla e parte per la montagna. Per lui, come per gli altri giovanissimi della sua età, non ci possono essere incertezze perché i bandi di arruolamento dei fascisti della Rsi (Repubblica Sociale Italiana) obbligano i giovani di leva a combattere con i tedeschi. Chi non accetta prende la strada della montagna e imbraccia il fucile con i partigiani.
Eliseo Ferrari prima combatte in pianura con la Brigata Ivan poi sale in montagna nel gruppo di “Uragano” presso il comando della Divisione Garibaldi, “Modena Montagna”. E per non farsi mancare nulla attraversa le linee del fronte e si aggrega alla Brigata Cremona che combatte a fianco degli Angloamericani della VII armata, combattendo nel ravennate sino allo sfondamento finale. Nelle sere di bivacco riprende i libri e continua la sua formazione, studiando da autodidatta. A fine guerra lavora in una delle fonderie attive a Modena: la sua esperienza e la sua capacità di mediare, e pure di convincere i più impulsivi, lo portano al vertice della Fiom cittadina.
Sono anni di ferro e piombo, in tutti i sensi. Eliseo Ferrari e alla testa degli scioperi che coinvolgono tutta la città, negli anni della fame e del razionamento. Gli scioperi finiscono spesso in scontri, con le jeep della polizia e dei carabinieri che fanno i caroselli in mezzo ai dimostranti. Teste e biciclette rotte sono il prezzo da pagare per chi protesta.
Così si arriva allo sciopero del 9 gennaio 1950. Il proprietario Adolfo Orsi dopo un anno di licenziamenti e scioperi scelse di dimezzare le Fonderie, da 560 a 250 persone. Di qui lo sciopero generale che radunò quella mattina prima gli operai e poi tutta la città, quando si diffuse la notizia dell’eccidio, degli uomini in divisa che sparavano con fucili e pistole, anche dai tetti della fabbrica. A grande distanza, colpiti dai proiettili, i manifestanti cadevano come birilli: 6 morti e 200 feriti, molti dei quali non si fecero ricoverare in ospedale perché temevano di essere arrestati a loro volta. Ferrari sapeva che stava per succedere qualcosa di grosso e aveva avuto dal Drake, di cui era amico personale già dai tempi della guerra, la soffiata che polizia e carabinieri venivano armati e decisi a sparare. Tutto fu inutile. Nel ’50 lasciò la segreteria cittadina Fiom per riprenderla, come segretario provinciale dal ’55 al ’73. «Era metodico, organizzato, inflessibile ma molto alla mano - ricorda Enzo Montorsi, 79 anni, oggi segretario Anpi e dal 1962 funzionario Fiom - Io lo conobbi quando lavoravo alla Ligmar nel ’52 e così imparammo a frequentarci. All’epoca alla Sacca c’erano Fiat, Valdevit, Corni e tutto il resto e lui la mattina alle 8 era lì a fare l’appello delle cose fatte e di quelle ancora da fare. Negli anni diventammo amici, se avanzava un sabato pomeriggio libero, ma era raro, facevamo una partita a carte. Mi ricordo che nel ’62, durante un rinnovo di contratto che andò avanti per nove mesi, venne Enzo Ferrari e chiuse la vertenza assieme ad altri industriali, separatamente. “Me ne infischio della Confindustria” disse e firmò l’accordo».
«Nel 1949 io ero alla Federterra a Castelfranco - ricorda Adelmo Bastoni, già segretario della Camera del Lavoro dal 1974 al ’79 - e poco dopo conobbi per occasioni di sindacato Eliseo. Un ottimo organizzatore che non cambiava opinione a seconda delle circostanze». I funerali si terranno oggi pomeriggio alle 15.15 alle Camere Ardenti di Baggiovara.
Saverio Cioce