Gazzetta di Modena

Modena

Confermata in Appello la condanna di Solomita

di Carlo Gregori
Confermata in Appello la condanna di Solomita

I giudici di Bologna accolgono la sentenza del gup di Modena: 14 anni di carcere e tre di ospedale psichiatrico giudiziario. Intanto la figlia ha cambiato cognome

2 MINUTI DI LETTURA





Quattordici anni di carcere e tre di ospedale psichiatrico giudiziario. Ieri è stata confermata dalla Corte d’Appello di Bologna la sentenza di primo grado nei confronti di Dario Solomita, l’idraulico carpigiano di 43 anni imputato per l’omicidio della moglie Giuseppina Caruso, 45 anni, una dipendente comunale molto stimata. Anche in secondo grado, dunque, Solomita è stato riconosciuto colpevole di omicidio volontario con un vizio parziale di mente. Ora, in attesa delle motivazioni, la difesa, avvocato Domenico Giovanardi, dovrà valutare se ricorrere in Cassazione. L’udienza d’appello non ha insomma riservato alcuna sorpresa, tanto che anche la parte civile, attraverso l’avvocato carpigiano Miria Ronchetti, questa volta ha accolto favorevolmente la conferma della condanna, auspicata pochi giorni fa proprio dai genitori della vittima in un’intervista alla “Gazzetta”.

«Possiamo dire che siamo moderatamente soddisfatti - spiega l’avvocato Ronchetti - nel senso che, come noto, la sentenza di primo grado ci lasciò stupiti perché la ritenevamo troppo leggera rispetto al reato. Inoltre, non era affatto chiaro perché il giudice avesse considerato la gelosia di Solomita come una malattia. Sarebbe sicuramente una malattia nuova, a ben guardare, figlia del delitto d’onore. In ogni caso, il fatto che la Corte d’Appello abbia confermato quella sentenza evitando di abbassare ancora la pena ci ha sicuramente soddisfatti. Anche i genitori di Pina ora sono più sollevati. È una famiglia che ha sofferto moltissimo per questo omicidio. E anche la figlia, una ragazzina, ha finalmente ottenuto dal Prefetto la possibilità di cambiare cognome e ricominciare una vita diversa, lasciandosi alle spalle quella tragedia». Ciò che più ha colpito del “caso Caruso” è stato il fatto che quel delitto calzasse perfettamente con l’idea di “femminicidio” che si è diffusa negli ultimi anni. Tanto che per lei come per Barbara Cuppini, un’altra carpigiana vittima del suo compagno, si svolse una manifestazione davanti al tribunale per sensibilizzare l’opinione pubblica su questi gravissimi delitti di uomini contro donne, allora in piena espansione. La chiave del “caso Caruso”, secondo le indagini e il dibattimento, sta proprio nella gelosia del marito, Solomita. Un uomo leggermente più giovane di lei ossessionato dall’idea di “perderla”. Al punto da controllarla di continuo perché convinto che lo tradisse. E non riuscendoci, è arrivato a ideare e poi realizzare l’installazione di una webcam in casa per sorvegliare le entrate e le uscite di una donna che viveva solo tra a casa e il lavoro. L’incontro fortuito con un ex fidanzato l’aveva messa in pessima luce agli occhi del marito geloso. Da un “buco” di due ore delle riprese è nato il litigio che è terminato con le coltellate mortali, inferte la mattina del 22 marzo 2011.