Vandini svela il futuro di Marazzi Group
L’Ad parla del suo ritorno in azienda, dei nuovi proprietari americani e della sua vicenda con la famiglia dei fondatori
Una vita lavorativa, quasi trent’anni, in Marazzi, una separazione e ora il ritorno nella grande azienda ceramica lasciata quattro anni prima. Un ritorno che avviene subito dopo il decesso di Filippo Marazzi e il passaggio di proprietà dalla famiglia del fondatore al colosso americano Mohawk. La vicenda di Mauro Vandini, 56enne nuovo, e vecchio al tempo stesso, manager del Gruppo ceramico Marazzi, ha una propria originalità soprattutto perché dalle sue stesse parole traspare con nettezza il legame indissolubile tra il dirigente industriale e l’azienda per la quale è tornato a lavorare e in particolare con l’imprenditore Filippo Marazzi.
«Ora - dice Vandini - l’avvento degli americani di Mohawk potrà garantire alla Marazzi un’opportunità di stabilità e solidità per il futuro».
«Per capire cosa significa il nome Marazzi per il settore ceramico, ci tengo a sottolineare - continua l’Ad - quella che ritengo sia stata l’unica vera rivoluzione in questo ambito. Sarà vero che ci sono state evoluzioni significative del settore, grandi progressi, innovazioni importanti. Ma l’unica autentica rivoluzione si deve a Pietro Marazzi, padre di Filippo, quando i tempi di cottura della ceramica, prima enormemente lunghi, si ridussero ad appena un’ora, la monocottura rapida poi diffusa in tutto il mondo. E il figlio Filippo ha avuto l'intuizione di aprire i primi stabilimenti all'estero, in Spagna e negli Stati Uniti. La capacità imprenditoriale di guardare avanti, di sapere interpretare anche il futuro, ha sempre caratterizzato Marazzi e la mia vicenda personale può essere una testimonianza in questo senso. Sono entrato in Marazzi da giovane ingegnere e l’azienda mi ha fatto fare due anni di studi, esperienze e tirocini in ambito economico, garantendomi la formazione necessaria».
Ma allora perché mai nel 2009 le strade di Marazzi e Vandini si sono separate? Differenti vedute sulle strategie e le prospettive future?
«Se un manager - risponde Vandini - parla e si muove verso una certa direzione deve poi essere coerente. Ma le motivazioni di quella scelta sono tante, fondamentalmente si tratta di fattori esterni che hanno portato a quella soluzione, anche fattori miei personali».
Vandini evidentemente ha sempre creduto nella prospettiva legata ai grandi investimenti che solo un colosso, come per esempio Mohawk, poteva garantire a un’azienda del settore ceramico. E non a caso, negli anni appena lasciati alle spalle, nella sua attività di consulente ha lavorato per Mohawk, per avere poi un ruolo fondamentale nel passaggio di proprietà dal momento in cui Filippo Marazzi ha optato per questa scelta.
E se un grande gruppo americano che produce moquette e pavimenti decide di lanciarsi nel settore ceramico non va a rilevare qualche aziendina medio-piccola.
«Va a scegliere - dice Vandini -un’eccellenza mondiale quale è Marazzi. Io credo che questo sia stato un riconoscimento importantissimo per l’industria italiana e per il made in Italy, per il ruolo determinante che la nostra ceramica ricopre nel mondo. Penso che ora si possa aprire anche una fase di nuovi stimoli nel comprensorio e non solo. Forse in Italia dobbiamo da una parte essere più consapevoli delle nostre capacità e dall'altra essere coscienti che anche le capacità migliori hanno bisogno di essere stimolate».
Le prospettive che si stagliano all’orizzonte?.
«Ora dovremo essere capaci di meritare gli investimenti che un gruppo come Mohawk, con un fatturato di 5,8 miliardi di dollari e 25mila dipendenti nel mondo, potenzialmente potrebbe fare, viste le esigenze di un mercato che si è notevolmente modificato. Vorrei evidenziare che Mohawk non entra in Marazzi per gestirla direttamente ma lascia al management un’autonomia significativa. È il loro modo di operare in questi casi e ve lo dice chi la realtà americana la conosce bene».
Il futuro del distretto ceramico rispetto al mercato.
«Ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo delle aziende ceramiche e mantiene un ruolo ancora oggi importante. È un polo di competenze, non solo di innovazione e design di prodotto, che certamente deve essere mantenuto, ma anche un polo logistico importantissimo grazie a cui le aziende più piccole possono disporre di vantaggi logistici messi a disposizione dai gruppi più grandi che, a loro volta, possono trarre benefici dalla capacità di innovazione e rapidità delle aziende più piccole. Il mercato medio alto e alto sono ancora un territorio in cui il made in Italy esprime capacità diverse, distintive, di stile, design, brand. C'è un polo logistico eccellente nel distretto che riesce a servire i mercati europei, non solo l'Italia, molto meglio rispetto ad altri competitor e ci sono aree grandissime in sviluppo in cui è necessario pensare a modelli diversi».