Ferrara, la famiglia nel Gazebo: «Qui da marzo, non riusciamo a spostarci»
La famiglia De Vincenzi: «Orazio morto qui, non abbiamo soldi per andare altrove»
Ferrara Il tendone allestito durante il periodo della pandemia, all’ingresso 2 dell’ospedale di Cona, è la loro dimora dal 15 marzo scorso. Da quel giorno mamma Giuseppina (65 anni) e i due figli, Marco e Daniele, rispettivamente di 37 e 24 anni, vivono in quella struttura. Un materasso appoggiato a terra è il letto del figlio maggiore. Daniele, invece, trova riposo su una panchina installata durante l’emergenza Covid per far sedere le persone in attesa dei controlli prima di entrare nel nosocomio.
Sul lato opposto del tendone, altre seggiole di colore bianco. Lungo tre di queste è stesa una stuoia di panno sulla quale dorme mamma Giuseppina. E poi su altre seggiole vicino all’ingresso della struttura c’è un beauty da bagno che contiene tutti i prodotti per l’igiene personale che Daniele, Marco e la mamma usano quando si recano nei bagni all’interno dell’ospedale.
La storia è quella della famiglia De Vincenzi. Per qualche tempo hanno abitato nel Mantovano, più precisamente a San Benedetto Po, ma dopo una malattia che ha colpito papà Orazio, la moglie e i due figli vivono da mesi di stenti a Ferrara. «Non riusciamo ad ottenere la residenza fittizia che ci servirebbe per avere una casa», raccontano alla “Nuova” e, aggiunge mamma Giuseppina, «non possiamo quindi avere la reversibilità della pensione di mio marito». Nel gazebo sono entrati lo stesso giorno in cui il padre ha avuto un malore (il 15 marzo scorso) mentre era in strada ai Lidi, altra località dove hanno abitato. Viste le gravi condizioni del paziente i sanitari lo hanno portato a Cona ma nonostante le cure (l’uomo sarebbe stato colpito da due ictus) il 5 aprile scorso Orazio, 72 anni, pensionato dopo 40 anni di lavoro in Comune a San Benedetto Po, è deceduto. Giuseppina e i due figli già vivevano nel tendone ex Covid per cercare di stare il più vicino possibile all’uomo ricoverato a Cona. Dentro alla struttura, ieri mattina presto, c’era solo Daniele, il figlio minore.
Pochi minuti prima delle 9 dormicchiava abbracciato ai suoi due cani, due meticci, Billy e Stella. La vaschetta per l’acqua dei due cagnolini si trova a ridosso della panchina dove Daniele è solito riposare. Fuori dalla struttura c’era il fratello maggiore. «La mamma è a Ferrara», ha detto Daniele prima di raccontare della sua famiglia. Al momento non studia e non lavora. Finita la scuola dell’obbligo, ha abbracciato un sogno: «Vorrei fare il calciatore». Il fratello è disoccupato ma gli «piacerebbe fare un lavoro in campagna».
La realtà però è sempre lì: «Ora abbiamo una priorità: trovare casa», commenta determinato. Mamma Giuseppina è originaria della Puglia. Quando il marito andò in pensione, racconta raggiunta al telefono, decisero di vendere la casa che avevano in paese per andare a vivere al Sud, in provincia di Taranto, dove era nata la donna. Le cose però non andarono come era nei programmi e Orazio ha deciso di tornare nel suo paese, in Lombardia. «Questione di mentalità – riferisce la donna – e dunque mio marito ha preferito tornare a San Benedetto Po». «Mi disse che una mano ce l’avrebbe data il sindaco per il quale aveva lavorato», aggiunge Giuseppina. Gli aiuti sperati, tuttavia, «non sono mai arrivati», racconta la donna. Così la famiglia De Vincenzi, senza casa e con la pensione di Orazio, è stata costretta a vivere d’estate nei giardini di Mantova “Tazio Nuvolari”, mentre d’inverno, dietro suggerimento degli assistenti sociali mantovani che li hanno seguiti per un po’, affittavano una casa ai Lidi. «Purtroppo gli affitti sulla costa sono saliti di prezzo – dichiara Giuseppina – e d’estate non si possono affrontare, visto anche le nostre condizioni economiche». Da qui la scelta di stare nel tendone di Cona: «Per poter pensare a una casa dovrò ottenere la residenza fittizia. Poi potrò chiedere la pensione di reversibilità».