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L'intervista

Zelenski: pensate a Genova distrutta come Mariupol

di Carlo Gregori
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Come ogni anno, Modena si divide sull’opera natalizia di Lorenzo Lunati. Imprenditore e scultore, ogni volta che mette in piazza XX Settembre una sua creazione – se è arte o non-arte poco importa, è sempre di gusto pop, spesso un po’ cartoon – scatta subito l’elogio o la critica. Ma questa volta l’ha fatta grossa e a poche ore da un’installazione che fa rima con provocazione è tutto un fiorire di giudizi sui social intorno a quel carro armato che grazie alle luci e a una crocetta diventa un “carro amato”. Tante e nette le stroncature. Ma Lunati è abituato e ci gioca su. «Stamattina sono andato in un bar – racconta divertito – non so quanti complimenti ho ricevuto. Fa piacere, lo ammetto: non è da tutti fare un’opera che fa discutere, che fa parlare di pace usando un oggetto di guerra. È un’idea che spinge a ragionare sulle tragedie dei nostri tempi».

Lunati, come giudica le prime reazioni al “carro amato”?

«Sono quelle che mi aspettavo. Oggetti come un carro armato fanno emergere l’ignoranza o l’intelligenza della gente. Se ti soffermi solo al primo impatto senza metterci curiosità, è finita. Invece se hai un minimo di interessi e di capacità critica, capisci che questo è un messaggio di pace. È un Babbo Natale che sta portando pacchi di regali ai bambini nei Paesi di guerra: palestinesi, israeliani, ucraini, yemeniti e così via. Ci sono guerre dappertutto; ce ne sono tante civili, senza bandiera».

Si dice: è Natale, era necessario?

«Va bene, è Natale, ci sono tanti presepi, uno in ogni angolo, e Modena ne è piena. Pensiamo però anche a queste realtà tragiche. Stiamo vivendo un momento di violenza sconosciuta. Sembra che la terra sia stata infettata da un virus che ci rende feroci. Dobbiamo lavorare sui bambini, dobbiamo trasmettere loro i valori fondamentali fin da subito, loro saranno il nostro futuro».

Il carro armato diventa un simbolo rovesciato: porta pace. È questo l’intento?

«Sì, è così. Da un carro armato, con un gesto solo e incredibilmente veloce, sbarri la erre e diventa uno strumento di pace. Questo è l’unico senso che volevo dare. È un mezzo che porta amore. Basta solo volerlo, un attimo e vai dall’altra parte, porti amore. Non guardare l’oggetto in sé. D’altra parte, a me di fare un presepe in più non interessa, voglio far riflettere, comunicare un messaggio forte e chiaro».

Come è nata l’idea?

«Quest’anno non volevo fare niente. Ero nauseato dalle immagini che si vedono di città bombardate e distrutte. Vedere Israele e Gaza, le stragi, i giochi di bambini (che sono i nostri giochi da supermercato) che emergono dalle macerie. Ho pensato a cosa potessi fare. Mi sono inventato questo sogno: fare arrivare Babbo Natale col “carro amato”».

Perché fare questa installazione?

«L’incasso andrà in beneficenza. Il gettone andrà a Save the Children. Un gettone che aziona ruote e luci di un “carro amato” spara al cuore, spara solo amore».

Tanti pacifisti la criticano. Ritengono l’opera inopportuna se non indecente.

«Non voglio entrare in un discorso politico. Il mio è un puro messaggio di pace, contro la violenza, per i bambini».

Il progetto come è stato valutato dal Comune?

«L’ho presentato, abbiamo fatto riflessioni e basta. A me nessuno dice cosa fare. Anche perché non mi paga nessuno».

Questo aspetto non è stato capito. C’è chi dice che sono soldi pubblici buttati via.

«Purtroppo, lo so. Spieghiamolo bene ancora una volta. Sono titolare di Lunati Art, un’azienda che crea scenografie per tutto il mondo, per la moda e lo spettacolo. Quindi ho la fortuna di avere un grosso spazio dove poter lavorare. Le produzioni sono totalmente a mie spese. Nessuno tira fuori un centesimo».

Da cinque anni Lunati installa opere provocatorie in piazza XX Settembre e da cinque anni vivacizza Modena con discussioni accese.

«Il Comune mi mette a disposizioni lo spazio. Da cinque anni andiamo avanti ad esporre grazie alla novità e alla disponibilità del Comune. Sia chiaro: la novità però c’è se ho qualcosa da dire, se no si salta all’anno dopo. Devo avere dei messaggi da lanciare alla gente». l