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Il caso choc

Pavullo, altre ex dipendenti accusano l’ex direttore del market: «Le molestie erano l’abitudine, ma regnava l’omertà»

Daniele Montanari
Pavullo, altre ex dipendenti accusano l’ex direttore del market: «Le molestie erano l’abitudine, ma regnava l’omertà»

Il 62enne è finito a processo per violenza sessuale aggravata e maltrattamenti

04 maggio 2024
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PAVULLO. «Sono rimasta turbata dall’omertà di quell’ambiente. Mi sentivo io sbagliata perché non accettavo queste cose, mentre per le altre persone sembravano normali».
È stato il passaggio più intenso, ieri, della deposizione di un’altra delle ex dipendenti che accusano il 62enne ex direttore di un supermercato di Pavullo (tra i titolari anche di un market a Modena), finito a processo per violenza sessuale aggravata e maltrattamenti.

TESTIMONIANZE CHOC
La 46enne, che ha lavorato lì dal 2018 al 2020, ha confermato quanto riferito ai carabinieri di Pavullo: «Un giorno è venuto nel reparto pescheria e mi ha chiamato sul retro. Si è chinato verso di me, mi ha preso la testa e mi ha baciato sulla bocca. Un’altra volta si è appoggiato dietro di me al bancone, col suo corpo, dicendomi: “Hai sentito che sono felice di vederti?”. Mi sono sentita sprofondare, anche perché un collega uomo che aveva visto tutto si è messo a ridere. Ho sentito spesso il direttore fare richiesta, a me come alle altre ragazze, di un rapporto orale. Ma tutte tacevano. Io mi sentivo paralizzata: non gli ho mai risposto perché lui era il mio datore di lavoro, e temevo ripercussioni sulla mia posizione. Poi ho deciso di licenziarmi, e di aprire una mia attività».
Una 34enne che ha lavorato lì dal 2015 al 2021 ha ribadito che i discorsi a sfondo sessuale da parte del direttore erano l’abitudine: «Una volta mi ha messo una mano sul seno e mi ha detto: “Vedi? Tu hai un seno più piccolo del mio”. Io lì per lì queste cose le prendevo in ridere, ma adesso guardandole da fuori mi rendo conto di quanto fossero esagerate».

UNA LUNGA LISTA
Una 27enne assunta nel 2017 ha detto che nei primi tre anni del contratto di apprendistato la chiamava “troietta”, «ma era quasi un intercalare per lui, e non ci facevo caso, perché il tono era scherzoso. Il quarto anno, ormai assunta a tempo indeterminato, non riuscivo più ad accettare certe frasi, e lo facevo vedere. Il tono delle sue parole ha smesso di essere amichevole: mi chiamava “troia” con fare denigratorio. Chiedeva se con le mie frequentazioni facessi sesso orale e come lo facessi. Una volta, seduti nel bar qui di fronte con anche delle colleghe, mi massaggiò la coscia e mi disse: “Ora ti tocco la vagina”. Ma io gli dissi di non farlo. Quell’anno mi fece tribolare per avere le ferie. Eravamo sempre in quel bar: un giorno si alzò, andò in un angolo cieco e mi diede un bacio nell’angolo della bocca. Nell’angolo perché io mi ero girata, sennò sarebbe stato in bocca. Dopo mi concesse le ferie. A novembre 2021 mi licenziai».
Una 20enne ha detto che faceva le pulizie in casa sua a 17 anni, e quindi da minorenne, senza contratto. «Il 16 novembre 2021, un pomeriggio, mi trovai da sola in casa con lui – ha raccontato – mentre parlavamo, cercò di abbracciarmi e di baciarmi. Non sapevo cosa fare. Lui disse: “So di aver sbagliato”, poi mi pagò per le pulizie. Io andai subito via».

AL SUPERMARKET IN FERIE

«Il direttore ci faceva ristrutturare il market nei giorni di ferie». È quanto ha riferito ieri l’ex commessa 27enne, facendo emergere un nuovo inquietante aspetto nel processo all’ex direttore del supermercato di Pavullo. «Era il 2018 – ha raccontato – dovevamo rifare le corsie. Il direttore ci disse di venire a lavorare, ma di non timbrare il cartellino. E che se lo facevamo, lui comunque cancellava la timbratura e metteva ferie». Il pm Claudia Natalini, meravigliata dalla circostanza, ha chiesto se non si fossero rivolte ai sindacati: «Era stata indetta una riunione libera alla Cgil di Pavullo – ha spiegato l’ex commessa – ma ci presentammo solo in tre su una cinquantina di dipendenti. Tutte le altre accettavano la cosa per evitare ripercussioni lavorative. Al sindacato ci hanno detto: “Ma volete protestare solo in tre?” facendoci capire che la cosa sarebbe andata a finire in niente. Allora abbiamo chinato la testa, e non abbiamo fatto niente». «Fatico a credere che, se la circostanza è vera, il sindacato informato non abbia battuto ciglio – ha osservato l’avvocato Guido Sola per l’imputato – e mi chiedo in ogni caso perché non abbiate chiamato voi i carabinieri per un controllo».